RSS Feed

MESTRUAZIONI e DINTORNI

SINDROME PREMESTRUALE

Cos’è la sindrome pre-mestruale?

La maggior parte delle donne in età fertile “avvertono” l’arrivo delle mestruazioni con un insieme di sensazioni difficili da definire. La sindrome premestruale non è che l’amplificazione di questo fastidio che diventa patologico quando la sua severità è tale da interferire con la normale attività domestica o lavorativa.
Le manifestazioni della sindrome premestruale sono caratteristiche per ogni donna. Si riscontrano, più frequentemente:

  • irritabilità, tensione emotiva
  • cambiamento d’umore
  • insicurezza
  • crisi di pianto immotivate, manifestazioni depressive
  • aggressività
  • scarsa concentrazione
  • stanchezza
  • tensione mammaria, dolore al seno
  • gonfiore addominale
  • aumento di peso
  • caviglie gonfie
  • mal di testa, emicrania

 

La sintomatologia non è specifica: molti sintomi sono comuni ad altre patologie. Nella sindrome premestruale la sintomatologia si manifesta, in modo caratteristico, 4-7 giorni prima della mestruazione e migliora o scompare con l’inizio di questa.

 

Come si fa a sapere se si soffre di sindrome pre mestruale?
Non esistono test di laboratorio in grado di diagnosticare la sindrome premestruale.

Gli esami del sangue e delle urine sono utili per accertare che non vi siano altre cause a scatenare la sintomatologia. La diagnosi di PMS è quindi basata sul carattere ciclico, mensile, della comparsa dei sintomi: compaiono generalmente nella settimana che precede la mestruazione; vi è poi un graduale peggioramento sino alla rapida o graduale scomparsa nel momento in cui si verifica l’evento mestruale. Più raramente il periodo critico può estendersi e i disturbi possono apparire sin dalla metà del ciclo, fino ai primi giorni dopo la mestruazione.
Per la definizione della diagnosi può risultare utile tenere un diario dei sintomi e della loro gravità, registrando le date delle mestruazioni. Il diario dovrebbe essere tenuto per tre mesi consecutivi. Si può fare diagnosi di sindrome premestruale solo se in un mese ci sono almeno dieci giorni senza la presenza di sintomatologia.

 

Quali sono le cause della sindrome pre mestruale?
Le cause della sindrome premestruale non sono del tutto note. Per molto tempo è prevalsa la teoria dell’iperestrogenismo, di un aumento, cioè, dei livelli di estrogeni nel sangue. E’ noto che gli estrogeni determinano un aumento della permeabilità capillare, fenomeno che giustificherebbe molti sintomi della sindrome. Altri meccanismi risultano essere, comunque, ugualmente plausibili. Recentemente è stata avanzata, ma non dimostrata, l’ipotesi di ridotti livelli di serotonina, un neurotrasmettitore la cui carenza spiegherebbe la comparsa di sintomi legati alla sfera emotiva (irritabilità, cambiamento d’umore, depressione).

La sindrome premestruale non è causata da alcuna anomalia degli organi interni femminili né da deficit ormonali.

 

Quando intraprendere una cura?

Spesso la sintomatologia non è così grave da richiedere un trattamento specifico: la sindrome è, in tal caso, facilmente riconosciuta, anticipata e contrastata dalla paziente stessa.

Per alcune donne, invece, la sindrome premestruale è abbastanza grave da influire sul proprio lavoro, sulla loro vita quotidiana e sulle relazioni sociali. In queste circostanze è utile un approccio terapeutico mirato.

Quali cure sono disponibili?

Confermare la diagnosi e rassicurare la paziente sulla benignità delle manifestazioni è il primo passo da compiere.

Nella valutazione della gravità dei sintomi e dell’efficacia della terapia occorre inoltre considerare il ruolo di alcuni fattori psicologici. Alcuni trattamenti farmacologici determinano benefici a breve termine ma spesso non danno sollievo per più di qualche mese, a causa del cosiddetto ‘effetto placebo’. Il placebo è un trattamento in realtà inefficace che però ha degli effetti psicologici, determinando un miglioramento della sintomatologia soggettiva. Per dimostrare che un farmaco abbia un effetto maggiore di un semplice placebo sono necessarie specifiche ed accurate valutazioni comparative. Non tutti i trattamenti proposti per la terapia della sindrome premestruale sono stati sottoposti ad una valutazione adeguata in tal senso.

Le pazienti con sintomatologia riferibile a sindrome premestruale dovrebbero inizialmente consultare il medico di famiglia o un consultorio familiare. Casi gravi o difficili, per i quali le cure più semplici non si sono rivelate efficaci, potranno essere successivamente valutati dal ginecologo o, in casi specifici, da uno psichiatra esperto nel trattamento della sindrome.

La terapia terrà conto della natura e della gravità dei sintomi. In molti casi un semplice cambiamento nella dieta e nello stile di vita, la riduzione del consumo di alcol e di caffeina, oltre che delle sigarette, renderanno i sintomi premestruali più sopportabili.

I farmaci utilizzati nel trattamento della sindrome premestruale hanno differenti meccanismi d’azione e presentano varia efficacia. Solitamente si ricorre a:
Vitamina B6
Nota anche come piridossina. Raccomandata, come sintomatico, nel trattamento dei sintomi legati alla sfera emotiva alle dosi di 300-500 mg al giorno. Dosaggi elevati per periodi prolungati possono determinare alterazioni a carico delle fibre nervose.
Bromocriptina e cabergolina
Utili quando il sintomo principale è rappresentato dal dolore al seno.
Diuretici
Impiegati per il trattamento dell’edema da aumento della permeabilità capillare, danno sollievo alle caviglie gonfie. Non alleviano il gonfiore addominale che non è causato dalla ritenzione idrica ma dal rilassamento e dalla distensione muscolare della parete addominale. Indicata la somministrazione di 25-50 mg al giorno di idroclorotiazide, a giorni alterni, nei 5-7 giorni precedenti il ciclo mestruale. L’utilizzo a dosi inadeguate e per periodi prolungati può determinare un aggravamento del quadro clinico.
Antidepressivi
La fluoxetina, un farmaco inibitore della ricaptazione della serotonina (SSRI), sembra presentare una notevole efficacia nel trattamento della PMS con gravi manifestazioni depressive, irritabilità e variabilità dell’umore. Gli effetti collaterali del farmaco possono talvolta rappresentare un problema.

Progestinici
Largamente prescritti, hanno effetti collaterali relativamente lievi. Molto impiegato il medrossiprogesterone acetato alla dose di 10 mg/die dal 14° al 24° giorno del ciclo. Una ipotesi non più accreditata faceva infatti ritenere che la causa della sindrome premestruale fosse una condizione di insufficienza luteale (o iperestrogenismo relativo). Secondo tale ipotesi il progesterone era, cioè, prodotto in quantità insufficiente a contrastare l’effetto degli estrogeni a livello dei tessuti periferici.

Pillola contraccettiva
L’azione contraccettiva degli estroprogestinici si esplica mediante l’inibizione della secrezione ipofisaria di gonadotropine e, quindi, dell’ovulazione: si determina, pertanto, una sorta di blocco funzionale dell’attività endocrina dell’ovaio.

Danazolo
E’ un derivato sintetico del testosterone; inibisce il rilascio delle gonadotropine, senza esplicare, tuttavia, attività estrogenica e progestinica. Sono stati riportati fenomeni di tossicità epatica in corso di trattamento con danazolo.

Estrogeni
La somministrazione di estrogeni, per via orale, per mezzo di cerotti a rilascio transdermico o tramite gel da applicare sulla cute, inibisce la produzione degli ormoni sessuali.

Analoghi del GnRH
Dopo una breve fase di stimolazione della secrezione di gonadotropine, della durata di circa una settimana, esercitano un effetto inibitore con soppressione della funzionalità ovarica e annullano la sintomatologia legata alla sindrome premestruale. Possono essere somministrati per un periodo limitato, non superiore a sei mesi. Sono farmaci molto costosi.

Dispositivo intrauterino medicato
Utilizzato come metodo contraccettivo, inserito nell’utero, rilascia piccole dosi di ormone progestinico. L’uso del dispositivo generalmente determina una riduzione del flusso mestruale. Può essere usato in combinazione con gli estrogeni.

Periodo premestruale? Come ci si deve comportare? Non è una vera e propria malattia e per questo viene spesso sottovalutata dai ginecologi, eppure ne soffre il 60 per cento delle donne che una settimana-dieci giorni prima del ciclo mestruale comincia ad accusare una serie di sintomi davvero fastidiosi: è la sindrome premestruale. Tu puoi vincerli, da sola e senza fatica, prima però meglio se ti fai una cultura sull’argomento.

Un insieme di disturbi fisici e psichici che regolarmente scompaiono con l’arrivo della mestruazione e che si manifestano con repentini cambiamenti di umore, depressione, irritabilità, crisi di pianto e dolori di vario tipo, dalla tensione localizzata alle mammelle o al basso addome alla ritenzione di liquidi, dai problemi alla pelle al mal di testa. Da cosa dipendono tutti questi disturbi? Non si conosce con precisione la causa, ma solo il meccanismo che li provoca. Che è una sorta di reazione autoallergica. In sostanza, le ovaie producono gli estrogeni e il progesterone che aumentano rispettivamente subito dopo l’ovulazione e appena prima della mestruazione ma, nel caso della sindrome premestruale, a causa di comandi errati dati dall’ipofisi, si ha un eccesso di secrezione: è una specie di autointossicazione ormonale che innesca tutta la sintomatologia perversa. Chi ne fa le spese, poi, è il fegato che di norma deve lavorare di più nei giorni precedenti la mestruazione per metabolizzare gli ormoni di troppo, e che per questo si trova congestionato. Ma la chiave è nella psiche. Una cosa è certa: ormoni e umore sono strettamente collegati.

Cenni storici 
Sin dall’antichità, le modificazioni somatopsichiche associate a questa fase del ciclo mestruale sono state fonte di pregiudizio: già nella “Storia Naturale” di Plinio si legge infatti che le donne in età fertile venivano considerate impure e causa di danni alle coltivazioni, ai frutteti, agli animali domestici e che erano ritenute incapaci di controllare i propri impulsi a causa dell’effetto delle oscillazioni ormonali sulla psiche. Il termine di “Sindrome Premestruale” è stato introdotto negli anni 60 da Greene e Dalton e ad essa sono stati attribuiti, da allora, più di 150 sintomi che vanno ad abbracciare ambiti multidisciplinari: dalla ginecologia all’endocrinologia, dalla dermatologia alla neuropsichiatria. Nella sua accezione più ampia la PMS può essere definita come “la ricorrenza ciclica, nella fase luteinica del ciclo mestruale, di una combinazione di disagio fisico, psicologico e/o di cambiamenti comportamentali di severità sufficiente a condurre ad un deterioramento delle relazioni interpersonali e/o ad un’interferenza con le attività normali” (Reid R.L., 1985).

SINTOMI FISICI
– Dolore al seno
– Sensazione di gonfiore
– Rigonfiamento di volto, addome e dita
– Aumento di peso
– Cefalea
– Variazioni dell’appetito
– Acne e altre eruzioni cutanee
– Costipazione o diarrea
– Rigidità muscolare o articolare
– Dolorabilità generale, soprattutto alla schiena
– Crampi/dolori addominali
– Esacerbazione di crisi epilettiche, emicrania, asma, rinite od orticaria

SINTOMI PSICOLOGICI
– Alterazione dell’umore e depressione
– Voglia di piangere sentirsi “giù di corda”
– Stanchezza, affaticamento, letargia
– Tensione, disagio, inquietudine
– Irritabilità
– Difficoltà di coordinazione, maldestrezza
– Difficoltà di concentrazione
– Alterazioni dell’interesse sessuale
– Disturbi del sonno
– Appetito insaziabile
– Aggressività
– Perdita dell’autocontrollo

SINDROME PREMESTRUALE: COME VINCERLA
C’è anche chi soffre per mal di testa o stitichezza. Oppure sperimenta un’insolita e irrefrenabile voglia di carboidrati, soprattutto dolci e cioccolato, o cibi salati. I sintomi possono comparire già nei giorni successivi all’ovulazione (che avviene intorno al 14° giorno del ciclo) e persistono, in genere, fino all’arrivo delle mestruazioni. Certe donne risentono di questi normali cambiamenti ormonali più di altre. Per una su 20, i disturbi sono tanto intensi da interferire con le normali attività quotidiane. La sindrome premestruale può essere influenzata anche dallo stress: ecco perchè colpisce con più intensità le donne tra i 30 e i 40 anni. A questa età, infatti, hanno più impegni e si dividono tra lavoro, casa e figli. Ecco dunque alcuni consigli che possono aiutare ad affrontare quei giorni in pieno benessere.

La dieta: cereali, frutta, fibre e poco sale
Nei giorni che precedono le mestruazioni, sono frequenti gli attacchi di fame, caratterizzati spesso dal desiderio di un alimento preciso: cioccolata, torta o pastasciutta sono i più gettonati. Questi attacchi sono scatenati da un calo dei livelli di zuccheri nel sangue. Si pensa che siano influenzati anche da un calo dei livelli di serotonina: un neurotrasmettitore che favorisce sonni tranquilli, tiene a bada gli sbalzi di umore e influenza la regolazione degli ormoni estrogeni e progesterone. Soprattutto i livelli dizucchero ma anche quelli di serotonina, sono influenzati da ciò che si mangia. Per questo è importante scegliere la dieta giusta. I cibi più adatti sono quelli ricchi di carboidraticomplessi, che favoriscono la produzione di serotonina e aiutano a mantenere costante il livello di zuccheri nel sangue: cereali e cereali integrali, come per esempio pasta, riso, pane e crackers: i legumi, come fagioli, ceci e lenticchie ;patate. I nutrizionisti suggeriscono di aggiungerne una porzione a ogni pasto. Via libera anche al pesce: apporta proteine nobili. E contiene acidi grassi omega 3: secondo gli studiosi, una carenza di queste sostanze può spingere l’organismo a produrre una maggiore quantità di prostaglandine, che causano crampi all’utero. E’ importante anche il giusto apporto di sali minerali, come calcio e magnesio. Il calcio, infatti, aiuta a prevenire le contrazioni muscolari e i crampi. E, insieme al magnesio, ha effetti positivi sull’umore. Per fare il pieno di calcio senza eccedere con i grassi, conviene scegliere latte parzialmente scremato e yogurt magro. Alimenti ricchi di magnesio sono invece: banane, vegetali a foglia verde come spinaci, biete, carciofi, prezzemolo; crusca e pesci come le sardine.

Da evitare
– Il sale favorisce la ritenzione idrica: meglio limitarlo
– Le bevande a base di caffeina: caffè, tè e cola

Ottima la frutta, soprattutto mele e pere, favoriscono il transito intestinale e aiutano a ridurre la stitichezza e il gonfiore addominale tipico di quei giorni

Crampi e mal di testa addio!
Prova con il calcio: i livelli dei minerali subiscono degli sbalzi e un supplemento fa funzionare meglio muscoli e fibre nervose. Un mineralogramma ti potrà dire se è tutto ok. Il test su un campione di capelli infatti, rivela se hai una carenza o un eccesso di questo minerale. Aumenta poi il consumo di verdure a foglia verde, ricche di fibre e oligominerali, essenziali per il suo assorbimento. Puoi assumere anche un pidolato di magnesio : dai 400 agli 800 mg al giorno (lo trovi in fiale o bustine)

Gonfia o con fastidi al seno?
L’ideale è l’agnocasto, che riesce ad equilibrare l’equilibrio ormonale della prolattina, la responsabile della ritenzione idrica e della sensazione di fastidio al seno. Se prendi la pillola però, consultati con il tuo medico, perchè la sua azione aumenta la produzione di progesterone e potrebbe causarti uno squilibrio. Quanto prenderne? 300 mg al giorno in capsule. Un ottimo rimedio antigonfiore è la pilosella tintura madre; 40/50 gocce una volta al giorno nei giorni preciclo.

Se ti senti giù e hai sempre fame
Punta sull’effetto relax dei carboidrati: spizzica con noci e nocciole, cracker integrali e popcorn. Limita però il consumo di formaggi e yogurt che contengono tiroxina, che sollecita la tiroide aumentandoti l’ansia. Un trucco anti-fame nervosa? prendi 30/40 gocce di serotonina omeopatica D6 per 3 o 4 giorni

Lo sport: il movimento regala benessere
Quando i disturbi premestruali sono di leggera o media entità, non è indispensabile ricorrere ai farmaci. Anche l’attività fisica può aiutare. Bastano 10-20 minuti di esercizio fisico, per 3-4 volte a settimana: corsa moderata, nuoto, bicicletta e lunghe camminate. Il movimento favorisce il rilascio di endorfine, sostanze utili per combattere il dolore, che diminuiscono proprio nei giorni che precedono le mestruazioni. L’attività fisica fa aumentare i livelli di seratonina, il neurotrasmettitore del benessere, importante per assicurarsi sonni tranquilli e umore stabile. Lo sport aiuta a scaricare tensioni psicologiche e a cambattere instabilità emotiva, ansia e depressione. Inoltre le attività fisiche aerobiche aumentano il flusso di sangue diretto ai muscoli di tutto il corpo, e questo aiuta a sciogliere i crampi e a far scomparire il dolore

La posizione della farfalla
Ci sono movimenti del corpo che più di altri sono indicati per alleviare alcune delle tensioni fisiche legate alla sindrome premestruale. I maestri yoga, per esempio, suggeriscono la posizione della farfalla. Ecco come si esegue. Seduta sul pavimento, schiena dritta, divarica le gambe, piega le ginocchia e appoggia le piante dei piedi una contro l’altra, tenendole ferme con le mani. Lentamente, solleva e abbassa le ginocchia dieci volte, come se fossero ali di farfalla. Spingi il busto in avanti. Sentirai i muscoli della parte interna delle gambe che si stiracchiano leggermente. Resta in questa posizione un paio di minuti. Riporta il busto alla posizione di partenza. Ripeti la sequenza cinque volte.

Le cure dolci: omeopatia e fitoterapia risolvono nervosismo e ritenzione
Per contrastare i sintomi premestruali, possono essere efficaci gli infusi preparati con vari tipi di erbe. La dose giusta è di 25g di erbe secche in 600ml d’acqua bollente. Per sfruttare al massimo i benefici delle erbe, bisogna lasciarle in infusione per 5-10 minuti, ben ricoperte, prima di filtrarle. E bere una tazza di infuso, 3 volte al giorno. Ecco quali sono le più indicate, a seconda del tipo di disturbo.
Tensione, ansia e tendenza alla malinconia: verbena, avena, camomilla
Gonfiore, ritenzione di liquidi: foglie di tarassaco officinale, mais
Gonfiore del seno: calendula, attaccavesti (Galium aparine)
Squilibri ormonali, ritenzione urinaria, spasmi: agnocasto.

Le cure tradizionali: dagli antidepressivi alle vitamine: tutti i rimedi della medicina
Il 15% delle donne italiane in età fertile, ha disturbi premestruali tanto intensi da non riuscire a svolgere le consuete attività quotidiane. Alcune soffrono di crisi di tristezza improvvisa o di intensi dolori al seno, altre hanno forti cefalee o crampi addominali insopportabili. In questi casi, può essere utile l’intervento del medico. I farmaci più prescritti sono:
– antidepressivi: fanno salire i livelli di sostanze neurotrasmettitrici benefiche, come serotonina o endorfine.
– sono d’aiuto in 6-7 casi su 10 farmaci inibitori delle prostaglandine: prevengono il dolore. Sono efficaci soprattutto contro il mal di testa e i crampi addominali. I più usati sono gli antinfiammatori non steroidei (Fans)
– pillola anticoncezionale: mette a riposo le ovaie e riduce le fluttuazioni ormonali. Per una donna su quattro è un aiuto efficace. Per molte altre, con la pillola i sintomi peggiorano
– ormoni: annullano l’ovulazione e fanno scomparire le mestruazioni. Scatenano una finta menopausa, reversibile. Il medico li prescrive solo in casi gravi
– vitamina B6: secondo recenti studi pubblicati sul British Medical Journal, la vitamina B6 può ridurre la tendenza alla depressione.

Calendario della sindrome premestruale
Compila il calendario per almeno 3 mesi prima di presentarlo al medico. Compilando accuratamente questo calendario avrete rapidamente un quadro piuttosto preciso dei vostri sintomi e della loro frequenza, di quando sono assenti, oltre naturalmente dei giorni di mestruazione e della durata del ciclo. Potete scegliere due o più simboli per i due o tre sintomi che sono più disturbanti per voi ed utilizzarli per registrarne la comparsa.
Per esempio:
IM = Inizio Mestruazioni;
FM = Fine Mestruazioni;
MT = Mal di Testa;
MA = Dolore e Tensione al Seno (Mastodinia);
IR = Irritabilità;
DP = Depressione etc.
Questo calendario andrebbe compilato per almeno 3 mesi prima di mostrarlo al vostro ginecologo in occasione di una visita. Sarà uno strumento utilissimo per illustrargli l’andamento della vostra sintomatologia durante i vari periodi del ciclo, in particolare nella fase premestruale.

Ciclo mestruale

Il ciclo mestruale è una sequenza di cambiamenti fisiologici periodici che ha luogo nelle femmine di alcune specie animali che ha come fine ultimo la maturazione di una cellula uovo e la preparazione di un tessuto adatto al suo impianto. Tale processo è correlato alla produzione ciclica di ormoni e al suo mantenimento concorrono diverse strutture (sistema nervoso centrale, ipotalamo, ipofisi ed ovaio) strettamente collegate tra loro. Il ciclo mestruale riconosce due fasi principali concomitanti che implicano modificazioni cicliche dell’ovaio (ciclo ovarico), dell’endometrio e del canale cervicale (ciclo uterino).

Solo le donne e i primati vivono un vero ciclo mestruale. Molti placentati e mammiferi passano invece delle fasi di estro o di calore. Il ciclo mestruale è sotto il controllo degli ormoni sessuali ed è necessario per la riproduzione. Nelle donne tipicamente, il ciclo mestruale si ripete con cadenza mensile, tra la pubertà e la menopausa.

Durante il ciclo mestruale, il corpo della donna sessualmente matura fa aumentare le dimensioni dell’endometrio dell’utero con un progressivo aumento di estrogeni, e quando questo ormone raggiunge livelli critici viene prodotto dell’estradiolo, e poco dopo inizia la stimolazione delle ovaie per mezzo dell’ormone FSH (Follicle Stimulating Hormone), e dell’ormone luteinizzante LH. I follicoli iniziano a crescere e dopo qualche giorno uno di loro matura in un ovulo a causa di un processo di feedback negativo. A quel punto le ovaie rilasciano un ovulo (o eventualmente più di uno, nel caso in cui ci sia una doppia emissione di ovuli durante l’ovulazione, e in questo caso si hanno dei gemelli eterozigoti o gemelli non identici durante l’ovulazione. Gemelli identici, o monozigoti, si hanno da un singolo ovulo, attraverso la mitosi di uno zigote in due zigoti differenti). Le cellule della granulosa e della teca che precedentemente proteggevano l’ovulo, ora si trasformano incorpo luteo, ricco di proteine e grassi, che ha la funzione di continuare la produzione di estrogeni e progesterone nei primi tre mesi di gravidanza (in seguito questo ruolo viene assunto dalla placenta). Il rivestimento dell’utero, l’endometrio (mucosa uterina), si inspessisce fino a 2-3 mm in seguito ad un aumento degli estrogeni. Dopo l’ovulazione, questo rivestimento cambia per prepararsi per il potenziale concepimento e impiantodell’uovo fecondato per dare il via a una gravidanza (si inspessisce fino a 5-6 mm, si arricchisce di capillari e di depositi di lipidi e glicogeno grazie allo stimolo delprogesterone). L’ormone progesterone cresce dopo l’ovulazione e raggiunge il picco poco dopo.

Se la fertilizzazione e la gravidanza non vanno avanti, l’utero si libera del rivestimento culminando con le mestruazioni, che segnano il punto minimo per l’attività degli estrogeni. Questo si manifesta al mondo esterno nella forma del “mestruo”: parte essenziale dell’endometrio e prodotti sanguigni che escono dal corpo attraverso lavagina. Sebbene questo sia comunemente definito come sangue, differisce nella composizione dal sangue venoso. I cicli mestruali si contano dall’inizio della mestruazione, poiché questo è un segno esteriore che corrisponde da vicino al ciclo ormonale. Il mestruo, o lo spurgo o altri segni mestruali possono terminare in diversi punti nel nuovo ciclo.

L’uso comune si riferisce alle mestruazioni (dal latino mensis, mese, ovvero che si verificano una volta al mese) come un “ciclo”. Questo spurgo può indicare che una donna non è incinta anche se si può verificare la presenza di perdite anche nelle prime fasi della gravidanza, chiamate false mestruazioni. Queste differiscono dall’effettivo ciclo mestruale in quanto sono perdite minori del solito, ma talvolta questa differenza può non essere notata. Durante gli anni fertili, la mancanza di mestruazioni può dare la prima indicazione a una donna che potrebbe essere incinta.

Le mestruazioni formano una normale parte di un processo ciclico naturale che si svolge nelle donne sane tra la pubertà e la fine della fertilità. L’inizio delle mestruazioni, conosciuto come “menarca“, avviene attorno ai dodici anni, ma è normale tra gli 8 e i 16. Fattori quali l’eredità, la dieta e soprattutto la salute possono accelerare o ritardare il menarca.

La condizione di pubertà precoce è causa del sopraggiungere delle mestruazioni in bambine di soli 8 anni. Alcune donne hanno il loro primo ciclo nella loro tarda adolescenza, che è il periodo dell’accrescimento della statura. L’ultimo periodo, lamenopausa, solitamente sopraggiunge tra i 45 e i 55 anni. Variazioni di questo schema necessitano di cure mediche. L’amenorrea si riferisce alla prolungata assenza del mestruo durante il periodo fertile di una donna per ragioni diverse dalla gravidanza. Per esempio, le donne con pochissimo grasso corporeo, come le atlete, potrebbero cessare di mestruare. La presenza di mestruazioni non prova che l’ovulazione abbia avuto luogo: le donne che non ovulano possono avere cicli mestruali. Questi cicli anovulari tendono ad avvenire con meno regolarità e mostrano una maggiore variazione nella lunghezza del ciclo. Inoltre, l’assenza delle mestruazioni non prova che la fertilizzazione sia avvenuta poiché la mancata produzione dell’ormone in donne non incinte può sopprimere in certe occasioni il flusso mestruale.

Il normale ciclo mestruale nelle donne

Le donne mostrano considerevoli variazioni nella lunghezza dei loro cicli mestruali, e la lunghezza del ciclo differisce a seconda delle specie animali.

Mentre la lunghezza del ciclo può variare, 28 giorni sono generalmente presi come rappresentativi della media del ciclo ovulatorio nelle donne. Per convenzione si usa l’inizio delle perdite mestruali per segnare l’inizio del ciclo, così che il primo giorno di perdite è chiamato “primo giorno del ciclo”.

Si può dividere il ciclo mestruale in quattro fasi:

L’eumenorrea denota il normale, regolare, flusso mestruale che dura per qualche giorno, di solito dai 3 ai 5 giorni, ma anche dai 2 ai 7 [1]è considerato normale: la variazione dipende dal calibro delle arteriole interessate dall’emorragia [2]. La perdita media di sangue durante le mestruazioni è di 35 millilitri, ma tra i 10 e gli 80 ml è considerato normale. Diverse donne hanno inoltre riferito la comparsa dell’endometrio come tessuto misto a sangue. Un enzima chiamato plasmina, contenuto nell’endometrio, tende ad inibire la coagulazione del sangue (attua la fibrinolisi). A causa di questa perdita di sangue, le donne hanno un maggiore fabbisogno di ferro rispetto agli uomini, per prevenire la mancanza di ferro. Molte donne hanno avuto esperienza di crampi uterini, altrimenti chiamatadismenorrea, durante questo periodo. Una vasta industria è cresciuta per fornire prodotti sanitari per aiutare le donne a gestire le proprie mestruazioni.

Fase follicolare

Nella fase follicolare del ciclo ovarico l’ipofisi rilascia quantità modeste di FSH e di LH in risposta alle stimolazioni provenienti dall’ipotalamo; in questa fase le cellule del follicolo immaturo dispongono di recettori per l’ormone FSH ma non per quelli per l’ormone LH. Le molecole di FSH inducono l’accrescimento da cinque a sette follicoli ovarici e le cellule di tale struttura in sviluppo producono estrogeni. Questi follicoli, che sono stati cresciuti per la gran parte dell’anno in un processo noto come follicogenesi, competono con tutti gli altri per il dominio. Il follicolo più grande secerne inibina che serve a fermare i follicoli sopprimendo la produzione di FSH. Questo follicolo dominante continua a crescere, forma un rigonfiamento vicino alla superficie dell’ovaia, e diventa presto competente per l’ovulazione. Una bassa concentrazione di estrogeni da parte del follicolo mantiene la secrezione di gonadotropine ipofisarie (FSH , LH) a livelli parimenti modesti attraverso un meccanismo di feedback negativo. Questi rapporti ormonali si modificano in modo radicale e bruscamente nella fase ovulatoria quando il ritmo della secrezione di estrogeni da parte del follicolo in sviluppo inizia a crescere molto rapidamente; per un controllo feedback positivo aumenteranno notevolmente anche le gonadotropine (FSH, LH). Ormai la maturazione del follicolo è arrivata a un punto tale che questa struttura dispone di recettori per l’ormone LH e può rispondere a questa molecola segnale che determina nel follicolo stesso la definitiva maturazione; l’ovulazione si verifica circa 24 ore dopo la comparsa del picco di LH, in seguito all’ovulazione, LH stimola la formazione del corpo luteo, una particola struttura cicatriziale che funziona come ghiandola endocrina. .

I follicoli producono estrogeni. Questi estrogeni iniziano la formazione di un nuovo strato di endometrio nell’utero, storicamente identificato come l’endometrio proliferativo. Se fecondato, l’embrione sarà impiantato all’interno di questa polpa ospitale.

Quando il follicolo è maturato, secerne abbastanza estradiolo da portare al rilascio dell’ormone luteinizzante (LH). In un ciclo medio questo rilascio di LH avviene intorno al dodicesimo giorno e può durare 48 ore. Il rilascio di LH fa maturare l’ovulo e indebolisce la parete del follicolo ovarico. Questo processo porta all’ovulazione: il rilascio dell’ovulomaturo, la cellula più grande del corpo (con un diametro di circa 0,5 mm). Quale delle due ovaie (sinistra o destra) avviene in modo alternato. Le tube di Falloppio devono catturare l’ovulo e fornire il posto per la fertilizzazione. Un caratteristico muco chiaro e filante viene secreto dalla cervice, pronta ad accettare lo sperma. In alcune donne, l’ovulazione porta un caratteristico dolore chiamato Mittelschmerz (termine tedesco che significa ‘dolore centrale’) che dura per qualche ora. Il repentino cambiamento ormonale nel momento dell’ovulazione può causare in alcune donne un leggero sanguinamento. Molte donne percepiscono la variazione nel muco cervicale, specialmente se stanno monitorando i propri segni di fertilità. Un ovulo non fertilizzato sarà alla fine disintegrato o dissolto nell’utero. È stato dimostrato che le donne durante l’ovulazione hanno l’olfatto acuito. [3]

Fase Lutea (o luteinica)

Il corpo luteo è il corpo solido che si forma nelle ovaie dopo che l’ovulo è stato rilasciato dalle tube di Falloppio, è cresciuto e si è diviso. Dopo l’ovulazione, il follicolo residuo si trasforma nel corpo luteo con l’aiuto di ormoni secreti dall’ipofisi. Questo corpo produrràprogesterone ed estrogeni per approssimativamente due settimane. Il progesterone gioca un ruolo chiave nel convertire l’endometrio proliferativo in un rivestimento accogliente per un’eventuale impianto e per le prime fasi della gravidanza. Esso innalza anche la temperatura corporea da un quarto a mezzo grado centigrado, perciò le donne che misurano la temperatura giornalmente possono accorgersi che sono nella fase lutea (metodo Ogino-Knaus). L’ovulo, se sarà stato fecondato, viaggerà come blastulaattraverso le tube di Falloppio fino alla cavità uterina e si impianterà 6 o 12 giorni dopo l’ovulazione. Poco dopo l’impianto, l’embrione segnalerà la propria esistenza al sistema materno. Un segnale precoce viene dato dalla gonadotropina corionica (HCG), ormone che si può misurare con un test di gravidanza. Esso ha un ruolo importante nel mantenere il corpo luteo “vivo” e capace di produrre ancora progesterone. Senza gravidanza (e quindi senza HCG) il corpo luteo scompare, e il livello di progesterone crolla. Ciò determina l’inizio di un nuovo ciclo mestruale.

Esperienza fisica delle mestruazioni

Le mestruazioni possono essere accompagnate, in alcune donne, da varie intense sensazioni, che coinvolgono gli ormoni o i crampi uterini. Le sensazioni più forti includono un significativo dolore mestruale (dismenorrea), dolore addominale, cefalea, depressione e sensibilità emotiva, diarrea o feci molli sono comuni nei primi giorni delle mestruazioni. Dolorabilità al seno per ritenzione idrica premestruale è molto comune. Le sensazioni variano da donna a donna e da ciclo a ciclo.
È bene non sottovalutare il dolore mestruale. Può essere un campanello d’allarme per l’endometriosi, una patologia molto diffusa ma poco conosciuta.

Periodo di fertilità

La lunghezza della fase follicolare – e di conseguenza, quella del ciclo mestruale – possono variare. La fase lutea al contrario dimostra regolarità. Per alcune donne questa dura 10 giorni, per altre 16 (in media 14 giorni), tuttavia per ciascuna donna tale lunghezza è fissa. Gli spermatozoi sopravvivono all’interno di una donna per 3 giorni in media, si considera normale fino a 5 giorni di sopravvivenza. È stata documentata una gravidanza risultante da sperma sopravvissuto 8 giorni.[4][5][6] Il periodo più fertile (periodo con maggiore probabilità che un rapporto sessuale induca a gravidanza) dura fra 5 giorni prima dell’ovulazione fino a 1-2 giorni successivi. In un ciclo di 28 giorni con una fase lutea di 14 giorni, il periodo di maggior fertilità corrisponde alla seconda ed inizio terza settimana del ciclo. I metodi di pianificazione della nascita basati sul controllo della fertilità mirano a determinare il periodo esatto dell’ovulazione al fine di identificare i giorni relativamente fertili e quelli non fertili del ciclo.

Chi abbia sentito parlare di ciclo mestruale ed ovulazione potrebbe comunemente ed erroneamente assumere, a modo di contraccettivo, che il ciclo mestruale duri sempre 28 giorni, e che l’ovulazione occorra sempre 14 giorni dopo l’inizio delle mestruazioni. Questa assunzione può condurre a delle gravidanze non volute. Da notare inoltre che non sempre le perdite di sangue contano come mestruazioni, e ciò può essere fuorviante ai fini del calcolo del periodo di fertilità.

Se una donna intende concepire, il periodo più fertile occorre tra 19 e 10 giorni precedenti le mestruazioni. Parecchie donne utilizzano degli strumenti di rivelazione dell’ovulazione che rilevano la crescita di LH nelle urine per identificare il periodo più fertile. Altri strumenti si basano sull’osservazione di uno o più dei tre segnali primari di fertilità (temperatura basale corporea, fluido cervicale, e posizione cervicale).

L’inizio delle mestruazioni tende a sincronizzarsi fra donne che vivono nello stesso ambiente. Questo effetto (McClintock effect) è stato descritto per primo nel 1971, e spiegato verosimilmente dall’azione di un feromone nel 1988.[7] Ricerche posteriori hanno messo in dubbio le conclusioni di tale ricerca.

Controllo ormonale

Il ciclo mestruale è regolato in maniera altamente complessa. Per molti anni, il dibattito fra i ricercatori si è sviluppato attorno a quale sistema regolatore detenesse per ultimo il controllo: l’ipotalamo, l’ipofisi, ovvero le ovaie con il follicolo; ma tutte e tre i sistemi interagiscono. In qualsiasi scenario, il follicolo ovarico detiene un ruolo critico: fa maturare l’endometrio, provvede lo stimolo appropriato all’ipotalamo e all’ipofisi, e contribuisce alla modificazione del muco cervicale. Due ormoni sessuali giocano un ruolo fondamentale nel controllo del ciclo mestruale: l’estradiolo ed il progesterone. Ma tutti e tre i sistemi devono interagire tra loro.

Frequenza

La mestruazione si ha normalmente ogni 28 giorni ± 7 giorni. Intervalli minori o uguali a 21 giorni si chiamano polimenorrea; per cicli uguali o superiori a 35 giorni è oligomenorrea. Si ha amenorrea se l’intervallo supera i 180 giorni.

Flusso

Il flusso mestruale normale varia tra 50 ml ± 30 ml. Segue un andamento “crescendo-decrescendo”, che è: partenza con un livello moderato, qualche incremento, e poi una lenta diminuzione fino a sgocciolio. Flussi molto abbondanti o maggiori di 80 ml (ipermenorrea o menorragia) possono derivare da disturbi ormonali, anormalità uterine, incluso leiomioma uterino o cancro, e altre cause. Il fenomeno opposto, un sanguinamento molto ridotto, è detto ipomenorrea.

Durata

In media il sanguinamento dura da 3 a 7 giorni dall’inizio del ciclo.

Sanguinamenti prolungati (menorragia, anche meno-metrorragia) non mostrano un andamento chiaro. Sanguinamento disfunzionale uterino si riferisce a sanguinamenti provocati da disfunzioni ormonali, generalmente senza ovulazione. Tutti i sanguinamenti anomali necessitano attenzione medica; possono indicare sbilanciamenti ormonali, fibromi uterini, o altri problemi.

Etimologia e mese lunare

I termini “mestruazione” e “mese” derivano dal Latino mensis (mese), che è in stretta relazione con il Greco mene (luna) e con la radice della parole inglesi month e moon — riflettendo il fatto che la Luna ci mette quasi 28 giorni per compiere una rivoluzione attorno alla Terra (precisamente 27.32 giorni). Il mese sinodico mese lunare, il periodo tra due lune nuove (o lune piene), è di 29.53 giorni.

Prodotti usa e getta

  • Assorbente igienico – Sono dei manufatti elaborati, in genere di forma rettangolare, appiattiti, costituiti da vari strati di stoffa e materiale sintetico cuciti ed incollati, che hanno come caratteristica saliente quella di assorbire il flusso mestruale, aumentando fortemente la loro dimensione, mantenendosi ragionevolmente asciutti nel lato a contatto con la vulva. Spesso presentano “ali,” che sono estensioni pieghevoli che si piegano ed incollano attorno al “cavallo” delle mutandine dal lato esterno, ed una parte esterna a contatto con le mutande che può essere adesivo in modo da mantenere l’assorbente in posizione. Gli assorbenti sintetici usa e getta contengono spesso all’interno pasta di legno o fibra sintetica, due rivestimenti in cotone sbiancato o garza, con tessuto sintetico simile alla seta, ed una fodera in plastica. Alcuni assorbenti igienici, del vecchio tipo (nei paesi dell’est), sono tenuti in posizione da apparati tipo cinghie, invece di adesivi o “ali”.
  • Tampone igienico – Sono dei cilindretti usa-e-getta costruiti con misture dirayon/cotone oppure di solo cotone, in genere sbiancati, che vengono inseriti nella profondità della vagina per assorbire il flusso mestruale.
  • Coppa mestruale — Esistono anche le coppe mestruali “usa-e-getta” che sono simili al diaframma e che sono costruite in plastica soffice.

Articoli riutilizzabili

  • Gli assorbenti riutilizzabili di stoffa sono fatti di cotone (spesso proveniente daagricoltura biologica), terrycloth, o flanella, e possono essere cuciti a mano (da materiale nuovo oppure da vecchi indumenti o asciugamani riutilizzati) oppure comprati in negozio.
  • Coppa mestruale – Sono dispositivi a “lunga durata”, fabbricati in silicone trasparente di qualità medica, oppure in gomma a forma di coppa flessibile che vengono inseriti dentro la vagina per catturare il flusso mestruale. Le versioni riutilizzabili includono modelli come il Keeper, la DivaCup, la Lunette finlandese, e la Mooncup inglese.
  • Spugna marina – Spugne di origine naturale, vengono poste all’interno per assorbire il flusso mestruale.
  • Mutandine imbottite – biancheria intima riutilizzabile (solitamente in cotone) con degli strati assorbenti extra utilizzati per assorbire il flusso mestruale (come Lunapads)
  • Lenzuolo, tovagliolo – largo tessuto di cotone riutilizzabile, usato spesso durante la notte, posto tra le gambe per assorbire il flusso mestruale.

In aggiunta ai prodotti per contenere il flusso mestruale, le aziende farmaceutiche forniscono inoltre — comuni anti-infiammatori non-steroidei (FANS) — per lenire i crampi mestruali. Alcune erbe, come la dong quai, le foglie di lampone e il viburnum opalus, si dice siano efficaci per diminuire i dolori mestruali.[8]

Cultura e mestruazioni

termini “mestruazione” e “mese” derivano dal Latino mensis (mese), che è in stretta relazione con il Greco mene (luna) e con la radice della parole inglesi month e moon — riflettendo il fatto che la Luna ci mette quasi 28 giorni per compiere una rivoluzione attorno alla Terra (precisamente 27.32 giorni). Il mese sinodico mese lunare, il periodo tra due lune nuove (o lune piene), è di 29.53 giorni.

Prodotti usa e getta

  • Assorbente igienico – Sono dei manufatti elaborati, in genere di forma rettangolare, appiattiti, costituiti da vari strati di stoffa e materiale sintetico cuciti ed incollati, che hanno come caratteristica saliente quella di assorbire il flusso mestruale, aumentando fortemente la loro dimensione, mantenendosi ragionevolmente asciutti nel lato a contatto con la vulva. Spesso presentano “ali,” che sono estensioni pieghevoli che si piegano ed incollano attorno al “cavallo” delle mutandine dal lato esterno, ed una parte esterna a contatto con le mutande che può essere adesivo in modo da mantenere l’assorbente in posizione. Gli assorbenti sintetici usa e getta contengono spesso all’interno pasta di legno o fibra sintetica, due rivestimenti in cotone sbiancato o garza, con tessuto sintetico simile alla seta, ed una fodera in plastica. Alcuni assorbenti igienici, del vecchio tipo (nei paesi dell’est), sono tenuti in posizione da apparati tipo cinghie, invece di adesivi o “ali”.
  • Tampone igienico – Sono dei cilindretti usa-e-getta costruiti con misture dirayon/cotone oppure di solo cotone, in genere sbiancati, che vengono inseriti nella profondità della vagina per assorbire il flusso mestruale.
  • Coppa mestruale — Esistono anche le coppe mestruali “usa-e-getta” che sono simili al diaframma e che sono costruite in plastica soffice.

Articoli riutilizzabili

  • Gli assorbenti riutilizzabili di stoffa sono fatti di cotone (spesso proveniente daagricoltura biologica), terrycloth, o flanella, e possono essere cuciti a mano (da materiale nuovo oppure da vecchi indumenti o asciugamani riutilizzati) oppure comprati in negozio.
  • Coppa mestruale – Sono dispositivi a “lunga durata”, fabbricati in silicone trasparente di qualità medica, oppure in gomma a forma di coppa flessibile che vengono inseriti dentro la vagina per catturare il flusso mestruale. Le versioni riutilizzabili includono modelli come il Keeper, la DivaCup, la Lunette finlandese, e la Mooncup inglese.
  • Spugna marina – Spugne di origine naturale, vengono poste all’interno per assorbire il flusso mestruale.
  • Mutandine imbottite – biancheria intima riutilizzabile (solitamente in cotone) con degli strati assorbenti extra utilizzati per assorbire il flusso mestruale (come Lunapads)
  • Lenzuolo, tovagliolo – largo tessuto di cotone riutilizzabile, usato spesso durante la notte, posto tra le gambe per assorbire il flusso mestruale.

In aggiunta ai prodotti per contenere il flusso mestruale, le aziende farmaceutiche forniscono inoltre — comuni anti-infiammatori non-steroidei (FANS) — per lenire i crampi mestruali. Alcune erbe, come la dong quai, le foglie di lampone e il viburnum opalus, si dice siano efficaci per diminuire i dolori mestruali.[8]

Cultura e mestruazioni

Molte religioni hanno tradizioni collegate alle mestruazioni. Queste consistono a volte in divieti di compiere certe azioni durante le mestruazioni (come per esempio l’avere rapporti sessuali secondo la religione ebraica ortodossa o l’Islam), o in pratiche che devono essere eseguite alla fine di ogni periodo mestruale (come il mikvah nella religione ebraica e ilghusl nell’Islam). Nell’induismo durante le mestruazioni le donne non possono effettuare il puja e diverse altre pratiche di culto.

In varie parti del mondo anticamente sono esistite delle credenze secondo le quali la donna mestruata non dovesse toccare le piante, per non farle seccare: in Spagna, Greciae nell’Italia meridionale non doveva guardare il grembo di altre donne, perché poteva renderle sterili (Sicilia), non poteva toccare il grano perché lo avrebbe reso non commestibile (Puglia), non poteva aiutare nella preparazione domestica di distillati, salse e marmellate (Calabria, Puglia Sicilia), in Francia e nell’Italia settentrionale (Piemonte e Valle d’Aosta) nella salatura dei cibi (e per la sua condizione detta “non salatrice”) ecc. poiché si pensava potesse causarne una non eccellente riuscita.[senza fonte]

Mestruazioni negli altri mammiferi

Solo negli ominidi avviene un ciclo mestruale completo, come descritto. I cicli mestruali variano nella durata, da un periodo di 29 giorni dei pongo fino ai 37 giorni degli scimpanzé.

Le femmine di altre specie di mammiferi hanno il “ciclo estrale” invece di quello mestruale. A differenza degli animali con il ciclo mestruale, le femmine con il ciclo estrale sono feconde solo durante questo periodo. Durante il ciclo l’imminente ovulazione è annunciata ai maschi con segnali visivi e comportamentali, feromoni o entrambi. Se non ha luogo nessuna fertilizzazione, l’utero riassorbe l’endometrio e non si produce nessuna emorragia mestruale. Esistono differenze significative tra il ciclo estrale e quello mestruale. Alcuni animali gatti e cani domestici sperimentano la fuoriuscita di piccole quantità di sangue mentre sono in calore. Questa fase del ciclo estrale corrisponde alla fase follicolare del ciclo mestruale e non dovrebbe essere confusa con le mestruazioni.

Mittelschmerz

(“dolore di mezzo”) è un termine medico per il “dolore ovulatorio” o “dolore di mezzo ciclo”. Circa il 20% delle donne manifesta il mittelschmerz, alcune ad ogni ciclo, altre solo talvolta

Il mittelschmerz è caratterizzato da dolori del basso addome e dolori pelvici che si verificano approssimativamente a metà del ciclo mestruale. Il dolore può apparire improvvisamente e solitamente dura alcune ore, sebbene possa durare anche due o tre giorni.[1] In alcune donne il mittelschmerz è abbastanza localizzato da permettere loro di riconoscere quale delle due ovaie fornisce l’ovulo in quel mese. Poiché l’ovulazione si verifica ad ogni ciclo casualmente in un’ovaia o nell’altra, il dolore può spostarsi da destra a sinistra, o rimanere dallo stesso lato tra un ciclo e l’altro.

Il mittelschmerz è spesso confuso per appendicite ed è una diagnosi differenziale per l’appendicite nelle donne in età fertile.

Il mittleschmerz non indica presenza di malattia. Non è necessario alcun trattamento. Talvolta può rendersi necessario l’uso di antidolorifici (analgesici) in caso di dolore prolungato o intenso. Utile anche l’utilizzo di antispastici (tipo buscopan/spasmomen), per diminuire dolori causati da spasmi muscolatura uterina.

L’assunzione di contraccettivi ormonali può prevenire l’ovulazione — e quindi il dolore ovulatorio — ma non ci sono forme di prevenzione conosciute.

Si ritiene che il mittelschmerz possa essere causato da cause diverse:

  • Il rigonfiamento dei follicoli nelle ovaie prima dell’ovulazione. Mentre solo uno o due ovuli maturano al punto da essere rilasciati, un certo numero di follicoli cresce durante la fase follicolare del ciclo mestruale (atrofia dei follicoli non dominanti prima dell’ovulazione). Poiché i follicoli si sviluppano su entrambi i lati, questa teoria spiegherebbe l’occorrenza simultanea del mittleschmerz su entrambi i lati dell’addome.
  • Assenza di apertura nell’ovaia; durante l’ovulazione l’ovulo rompe la parete dell’ovaia. Ciò può rendere l’ovulazione dolorosa per alcune donne.
  • Durante l’ovulazione, sangue o altri fluidi vengono rilasciati dalla rottura del follicolo. Questi fluidi possono causare irritazioni del rivestimento addominale.[1]
  • Durante l’ovulazione, questo dolore può essere provocato da contrazioni muscolari o legamenti nelle ovaie. Queste contrazioni avvengono in seguito ad un incremento del livello di prostaglandine F2-alpha mediato dal rilascio dell’ormone luteinizzante,

le donne che fanno ricorso a metodi di riconoscimento della fertilità possono trovare nel mittelschmerz un utile metodo secondario nel riconoscimento dell’ovulazione. Tuttavia poiché la vita dello sperma può arrivare anche a cinque giorni il mittelschmerz da solo non fornisce un preavviso sufficiente per evitare una gravidanza. Inoltre altri tipi di dolori addominali sono comuni, il mittelschmerz da solo non può nemmeno essere usato per confermare l’inizio della fase post-ovulatoria e quindi non fertile.

Le donne possono notare altri sintomi associati all’avvicinarsi dell’ovulazione. Il segno più comune è l’apparire del muco cervicale nei giorni immediatamente precedenti l’ovulazione. Il muco cervicale è uno dei segnali primari utilizzato nei metodi di riconoscimento della fertilità.

Menopausa

Normalmente l’età in cui si riscontra la menopausa, ovvero la fine della secrezione dei flussi mestruali, è fra i 45 e i 50 anni come media mondiale. Tale periodo anagrafico, secondo quanto pervenutoci, non ha subito rilevanti variazioni nel corso dei tempi: infatti anche all’epoca dei Greci e dell’impero romano l’età si aggirava intorno ai 45 anni.

Esistono aggravanti, fattori di rischio che interferiscono solitamente diminuendo l’età anagrafica di tale evento:

  • Fumo della donna, sia attivo sia passivo, tale da indurre nella donna un’anticipazione dell’evento di 1,5-2 anni,[la quantità di assunzione (numero di sigarette) e la durata di assunzione sono strettamente correlate alla diminuzione dell’età rispetto all’evento, in pratica più si fuma e da più tempo si fuma e più la menopausa si manifesterà prima del dovuto.
  • Tipo di alimentazione, che può essere ritenuta assolutamente non adatta per colpa delle condizioni economiche del soggetto
  • Indice di massa corporea, se risulta inferiore a quello ideale;
  • Abuso di alcool
  • Bassa statura

Definizioni

  • Premenopausa, il tempo precedente l’ultima mestruazione
  • Postmenopausa, il tempo successivo l’ultima mestruazione
  • Perimenopausa, un periodo più esteso rispetto alla premenopausa, che si esaurisce dopo un anno all’atto della menopausa,[10] alcuni studi dissentono in parte affermando che la data iniziale di tale periodo sia intorno alla seconda metà della quarta decade.[11]
  • Menopausa precoce (fascia di età inferiore a 40 anni)
  • Menopausa prematura (fascia di età 40 – 45 anni)
  • Menopausa spontanea (fascia di età 46 – 55 anni)
  • Menopausa tardiva (fascia di età superiore a 56 anni)
  • Menopausa artificiale, dipende se la conseguenza è diretta di un qualche intervento o dalla chemioterapia. L’isterectomia, soprattutto in giovani donne, non esaurisce la funziona ovarica ma di fatto vengono a cessare i cicli mestruali e in ogni caso le donne avranno bisogno di ulteriore supporto in età avanzata

Premenopausa 

Questa fase è caratterizzata dai primi squilibri ormonali: i livelli plasmatici dell’inibina diminuiscono mentre l’ormone follicolo-stimolante (richiamato in letteratura con l’acronimo inglese FSH) si riscontra maggiormente rispetto alla norma. Altri squilibri non compaiono: il ciclo e la quantità di estrogeni rimangono regolari fino ad un’età inferiore ai 40 anni.. Continuando nel tempo si osserva sempre di più un innalzamento del FSH mentre i cicli diventano sempre di più anovulari, negli ultimi 30 mesi prima della menopausa.

Ipotesi

Esistono numerose ipotesi per quanto riguarda la causa della menopausa, alcuni studi si sono concentrati sull’evoluzione del FSHe sulle gonadotropine cercando un coinvolgimento dell’asse ipotalamoipofisario ma attualmente l’ipotesi più accreditata è quella che la causa risieda nell’ovaio stesso. Infatti secondo tale teoria i follicoli, soggetti a deterioramento, vengono scelti dall’organismo stesso: utilizza dapprima i più resistenti, che nel corso degli anni devono essere sostituiti perché vengono consumati, ma all’atto della sostituzione i nuovi follicoli partono già danneggiati: questo comporterebbe la deplezioneatresia follicolare

I sintomi e i segni clinici si possono dividere a seconda del tempo in cui si manifestano, avendo quindi manifestazioni immediate, differite e le ultime le tardive.

Oltre all’ovvia alterazione del quadro mestruale, (polimenorrea, oligomenorrea, ipomenorrea e ipermenorrea) in questa fase vengono espressi i primi disturbi di tipo psicologico, ansia, irritabilità, nervosismo e disforia.

Neurologicamente si assiste a un invecchiamento della persona, con conseguente diminuzione delle capacità di concentrazione e di memoria. Inoltre si nota un aumento del peso della persona. Fra le manifestazioni minori si può mostrare anche orticaria.

Fra le manifestazioni a livello vasomotorio le vampate di calore sono le più frequenti. Vi sono episodi di improvvisi sbalzi di temperatura, la donna comincia a sudare improvvisamente e sente vampate di calore, tali episodi si riscontrano in 65-75% dei casi e non a caso è uno dei sintomi principali. La percentuale cambia a seconda della zona, per via delle abitudini anche alimentari del luogo, nell’Indonesia ad esempio le donne che hanno tale disturbo si riducono dal 20 fino al 10%, in Cina invece la percentuale si ferma al 25%. Studi clinici hanno anche calcolato la durata del fenomeno che raramente supera i 6 minuti.Generalmente si manifesta anche nel 20% delle donne in premenopausa anche in condizioni ormonali nella norma. L’arrossamento coinvolge la testa e le parti limitrofe ( viso, collo e nuca), mentre successivamente vi è un calo di temperatura fino a una sensazione di freddo. Per quanto riguarda la durata, sia della singola manifestazione sia della frequenza con cui si mostra, sono considerate molto variabili, alcuni studi hanno studiato una correlazione con la temperatura esterna: a basse temperature esse sono meno frequenti, al contrario con alte temperature gli episodi aumentano.Un’altra correlazione è stata riscontrata durante la notte, dove contribuiscono ad avere un sonno disturbato.Infine per quanto riguarda la durata del sintomo spesso persistono anche per cinque anni dalla menopausa (anche se generalmente dura 1-2 anni). È ben documentata l’azione favorevole degli isoflavoni e derivati della soia sulle vampate.

Fra i fattori psicologici il più importante resta la depressione (la media calcolata è del 50% delle donne), ma l’espressione di tale disturbo cambia a seconda dell’etnia; ad esempio è stato mostrato come, rispetto alle donne bianche, le afroamericane risentano maggiormente di questa condizione psicologica.

La causa che comporta tale correlazione non è ben compresa, ma si pensa sia anch’essa un effetto della diminuzione degli ormoni, più precisamente della diminuzione dell’estradiolo, un ormone che viene prodotto dalle ovaie durante il ciclo mestruale. Fra l’altro è stato notato come persista soprattutto all’inizio, quando una donna entra nello stato di menopausa, spesso si hanno anche ricadute in tale evento.

Questa correlazione è discussa anche nel caso di donne che hanno subito isterectomia; alcuni studi statunitensi mostrano non esserci associazione,mentre altri studi canadesi invece mostrano peggioramenti dello stato depressivo delle donne.

Fra i disturbi legati all’attività di riposo notturna i più frequenti sono la difficoltà nell’addormentarsi, nelle donne più frequentemente si assiste a un sonno agitato, capita sovente che si sveglino durante la notte, e questo stato peggiora inizialmente, il disturbo più grave per quanto riguarda il sonno è la privazione di esso, l’insonnia, anomalia che può essere una complicanza della perimenopausa, diffusa soprattutto nelle donne ispaniche,

Successivamente cominciano le modificazioni a livello cutaneo, l’epidermide e il derma si assottigliano, in quest’ultimo caso si nota una diminuzione del collagene nella donna.[ Tali variazioni provocano le varie atrofie, che non riguardano soltanto l’apparato genito-urinario ma anche la cute in genere, diventando meno elastica e disidradata, ciò causa un aumento delle rughe e sensazioni di prurito, inoltre si manifestano artralgie a livello delle articolazioni distali (ginocchia, anca, colonna vertebrale), l’incidenza è del 50%

Molti studi hanno dimostrato che con i cambiamenti ormonali della menopausa il desiderio sessuale nelle donne diminuisce, anche se studi e interviste effettuate confermano che le donne rimangono ancora soddisfatte del loro rapporto con il partner anche successivamente lo stato di menopausa.Inoltre vi è anche un aumento nella difficoltà nel praticare l’attività sessuale (si mostra la dispareunia, il dolore vaginale quando si tenta una penetrazione),[disorgasmia e bruciore dopo il rapporto sessuale.

Per quanto riguarda l’atrofia vaginale, spesso tale evento si accompagna con cistiti e uretriti, essa porta spesso a quella che viene definita come la sindrome urologica della menopausa. Tale sindrome è caratterizzata dai seguenti elementi:

  • Tenesmo
  • Disuria
  • Pollachiuria
  • Nicturia (meno frequentemente)
  • Urocoltura negativa

Data l’elevata sensibilità delle varie terminazioni nervose dell’apparato risulta sufficiente a volte il solo passaggio dell’urina per scatenare lasindrome, tali disturbi si ritrovano nel 50% delle donne al raggiungimento della menopausa.

Nella fase finale si assistono a sintomi di carattere fisico caratteristici, fra i quali ci sono dolori muscolari, diminuzione della massa ossea all’origine dell’osteoporosi, calo di energia fisica, disturbi urinari. Recenti studi hanno anche rilevato un aumento della pressione arteriosa rispetto a quella delle donne fertili.

L’osteoporosi è una riduzione della densità ossea che può comportare facilmente fratture se sottoposte a traumi di piccole entità.

Esistono due tipologie:

  • Osteoporosi di tipo I (definita anche primaria), quella che riguarda la post-menopausa (dalla quinta alla settima decade di età)
  • Osteoporosi di tipo II, che viene provocata da altro stato patologico, si manifesta anche in età giovanile.

Quando una donna si trova nel periodo della perimenopausa si assiste al fenomeno dell’aumento del riassorbimento osseo, anche questo fattore è correlato alla mancanza degli estrogeni.

Una volta raggiunta la menopausa è stata registrato un aumento delle malattie cardiologiche però la mortalità dovuta a tale complicanza non è superiore rispetto a quella del cancro alla mammella. Il rapporto donna-uomo cambia dopo l’evento: prima si mostra un rapporto di 1:5, successivamente la differenza diminuisce notevolmente e superati i 70 anni l’incidenza risulta identica in entrambi i sessi. Tralasciando le conseguenze del solo fattore età, la diminuzione degli estrogeni comporta ipertriglicemia, diabete, ipertensione, dislipidemia oltre all’obesità, sono tutti fattori pericolosi per il lavoro del cuore e la loro manifestazione cumulativa porta a elevati rischi cardiologici. Studi recenti hanno dimostrato che nella fase della menopausa si riducono i livelli di HDL e aumentano i valori dell’apolipoproteina B

Per una corretta diagnosi bisogna attendere 12 mesi dall’ultima mestruazione, ma dai 6 mesi in poi la probabilità è molto alta.[48] Raramente, perché solitamente non è ritenuto necessario, si può effettuare il dosaggio di FSH.

Altro esame è lo screening per l’osteoporosi, complicanza comune, da effettuare soprattutto in persone dalla sesta decade.

Esistono diverse condizioni patologiche che possono comportare a manifestazioni simili alla menopausa:

Il periodo in cui la donna vive nello stato di menopausa comprende una buona parte della sua vita complessiva: infatti se da un lato l’aspettativa di vita media diventa sempre maggiore, dall’altro l’inizio della menopausa continua a collocarsi alla medesima età. Questo comporta un ampliamento sempre maggiore negli ultimi anni ma anche nel futuro del tempo in cui la donna vive la sua vita nello stato di menopausa.[54] Le donne che vivendo in tale stato cercano un sollievo, una possibile cura sono soltanto una piccolissima parte, stimata, da studi effettuati intorno al 10%.[55]Esiste una terapia sostitutiva con somministrazioni di estrogeni. Il trattamento normale varia e mira alla cura dei sintomi soprattutto quando essi sono troppo invadenti.

  • Vampate di calore, indossare indumenti a strato che in caso di improvviso sbalzo termico possono essere tolti facilmente; la somministrazione di cimicifuga racemosa  (se per brevi periodi) è stata testata, come anche la proteina della soia e i suoi derivati, con esiti interessanti.[57][58][59]

Sono state provate anche cure alternative: l’agopuntura, provoca un notevole effetto placebo,mentre erbe medicinali non hanno conseguito nessun risultato.Per quanto riguarda la somministrazione di vitamina E il sollievo che comporta è stato dimostrato minimo.

  • Obesità, occorre un cambiamento dello stile di vita, seguire una dieta più moderata,[63] mentre l’utilità di alcuni farmaci come l’orlistat sono discussi in letteratura.[64]
  • Artralgie, si raccomanda un trattamento che coinvolga la persona in attività fisica (come lo stretching o la cyclette)
  • Insonnia, effettuare esercizio fisico, massaggi ed evitare ogni forma di stress, come terapia farmacologica risulta utile per combattere i disturbi legati al sonno 300 mg di Progesterone micronizzato[
  • Osteoporosi, la letteratura ha sempre sottolineato l’importanza della prevenzione di tale dannoso stato, quindi necessita la cessazione di vizi negativi come il consumo di alcool o sigarette, esercizio fisico, ma soprattutto una dieta basata sulla ricchezza di calcio 1000 mg al giorno (ma si può raggiungere se ritenuto necessario dosi anche di 1500 mg al giorno), al contempo deve essere povera di caffeina e cloruro di sodio.Come trattamento farmacologico in alternativa agli estrogeni, o se controindicati, vi sono:
    • calcitonina, 10-25 UI al giorno,inibitore del riassorbimento osseo, da decenni studiato e sperimentato in letteratura.Esistono vari tipi di calcitonina animale e umana ma studi presuppongono che quelli non umani possano indurre benefici minori.
    • Bifosfonati, come ad esempio l’alendronato e l’etidronato.

Terapia ormonale 

Viene utilizzata per combattere diversi sintomi della menopausa, ma non per l’osteoporosi.

Fra le varie controindicazioni si ritrovano

  • Aumento di incidenza di ictus (da 21 a 29 casi su 10.000)
  • Aumento di incidenza di embolia polmonare (da 16 a 34 casi su 10.000)
  • Aumento di incidenza di demenza (da 22 a 45 casi su 10.000)
  • Aumento di incidenza di tumore alla mammella (da 30 a 38 casi su 10.000)

Vi sono anche altri aumenti che si contrappongono a:

  • Diminuzione di incidenza di osteoporosi (da 15 a 10 casi su 10.000)
  • Diminuzione di incidenza di carcinoma colorettale (da 16 a 10 casi su 10.000)
  • Diminuzione dei vari sintomi

Studi hanno dimostrato che per quanto riguarda patologie cardiache, i benefici per tale terapia sono del 50%,di contro importanti studi, pubblicati lo stesso anno, hanno invece constatato che l’intervento potrebbe invece aumentare il rischio di cardiopatia

Estrogeni

Possono essere somministrati per via orale, transvaginale, transdermica e anche endonasale (per il solo estradiolo):

  • Per via orale
  • Per via transvaginale, gli stessi prodotti a cui si aggiunge il promestriene

Progestinici

Tali farmaci si somministrano spesso in combinazione con gli estrogeni al fine di fornire un trattamento più completo, capita che vengono anche utilizzati da soli per prevenzione del carcinoma endometriale (se utilizzano il tamoxifene) o per combattere i sintomi collegabili ai disturbi vasomotori. A seconda delle dosi somministrate, essi producono effetti diversi sugli estrogeni: con basse dosi indeboliscono la risposta delle cellule agli stimoli imposti dagli estrogeni, ad alte dosi provocano citotossicità perché bloccano completamente la produzione di steroidi sessuali nel corpo.

Negli anni successivi all’evento della menopausa occorrono eseguire alcuni esami clinici alla donna, alcuni annualmente altri solo se si verificano certe situazioni.

Una lista degli esami da effettuare per controllo:

Endometriosi

Endometriosi
Douglas endometriose.jpg

L’endometriosi (da endo, dentro e metra, utero) è una malattia cronica e complessa, originata dalla presenza anomala del tessuto che riveste la parete interna dell’utero, cioè l’endometrio, in altri organi quali ovaie, tube, peritoneo, vagina, intestino. Ciò provoca sanguinamenti interni, infiammazioni croniche e tessuto cicatriziale, aderenze ed infertilità. Ogni mese, sotto gli effetti degliormoni del ciclo mestruale, il tessuto endometriale impiantato in sede anomala va incontro a sanguinamento, nello stesso modo in cui si verifica a carico dell’endometrio normalmente presente in utero. Tale sanguinamento comporta un’irritazione dei tessuti circostanti, che dà luogo alla formazione di tessuto cicatriziale e di aderenze.

L’endometriosi è spesso dolorosa (60% dei casi circa) fino ad essere invalidante, con sintomi molto caratteristici: dolore pelvico cronico, soprattutto durante il ciclo mestruale, in concomitanza con lo stesso o durante l’ovulazione, dolore ovarico intermestruale, dolore all’evacuazione. Quando lo stadio di endometriosi porta ad un aumento importante del tessuto, può aversi l’infiammazione e l’infezione causata dalle isole endometriosiche con conseguente aumento della temperatura corporea durante il periodo mestruale.

Ci sono anche altri sintomi, non meno significativi: il dolore durante l’atto sessuale o post-coitale (64%), infertilità (30/35%), aborti spontanei, affaticamento cronico, aumento di infiammazione a carico delle mucose, colite, periodi di stitichezza alternati a diarrea. Questi ultimi sintomi vengono molto spesso associati ad una diagnosi di colon irritabile in quanto i sintomi sono simili tra loro, ma in presenza di endometriosi la sintomatologia presenta un andamento ciclico, legato appunto alle fasi ormonali del periodo mestruale.

Talvolta l’endometriosi è riscontrabile anche in sede intestinale e vescicale, sui legamenti utero sacrali, nel setto retto vaginale, nelle tube. Nel caso di endometriosi vescicale, i sintomi sono quelli tipici di infiammazione e cistite o anche di incontinenza senza che risultino infezioni batteriche o virali a carico della vescica. La loro ricorrenza ciclica è un elemento determinante per distinguerne le cause.

La paziente può inoltre manifestare menorragia (mestruazione abbondante), metrorragia (perdita di sangue al di fuori della mestruazione) o entrambe. È abbastanza comune la dismenorrea. Occorre prestare attenzione, infine, a sintomi strani che si presentano in modo catameniale(cioè, in corrispondenza delle mestruazioni): epistassi, ematuria ed ematochezia.

Alla palpazione si possono apprezzare noduli infiltrativi che non si vedono con l’ecografia:

  • sul setto retto-vescicale
  • sui legamenti utero-sacrali
  • sulla plica vescico-uterina

Un caso particolare può essere rappresentato dalla presenza di tessuto ectopico al livello polmonare e pleurico. In questo caso, l’endometriosi può essere causa di pneumotorace catameniale, dovuto al danno causato alla pleura viscerale dal tessuto endometriosico e dall’occlusione bronchiale a cui esso può dare origine, determinando l’aumento della pressione alveolare nei distretti vicini e in eventuali bolle, con aumento del rischio di rottura e pneumotorace.

Si può ottenere una diagnosi certa dell’endometriosi sia con esami non invasivi accurati quali la risonanza magnetica nucleare, le visite ginecologiche e rettali e gli esami ematici specifici alla ricerca dei marcatori della malattia quali il CA-125 ed il CA-19.9. A volte è anche necessaria un’indagine esplorativa in anestesia generale: la laparoscopia. Questo esame è importante, oltre che per fare la diagnosi, anche per studiare l’endometriosi e per trattare terapeuticamente (asportazione del tessuto, vacuolizzazione e lisi delle aderenze) la malattia e le sue complicanze ripristinando la normale anatomia della pelvi femminili.

Alla visita manuale possono essere riscontrati noduli non apprezzabili all’ecografia, mentre all’ecografia è possibile constatare una retroversione uterina fissa (da aderenze che vincolano l’utero alla pelvi) o un altro quadro tipico, quale la “cisti ovarica cioccolato” (il cui colore rosso scuro è dovuto a manifestazioni emorragiche nel tessuto endometriosico).

Una anamnesi approfondita della paziente può concorrere ad effettuare una prima diagnosi, seppur non definitiva.

Stadiazione

Parametri di stadiazione (dopo laparoscopia):

  • dimensione
  • sede
  • obliterazione del cavo del Douglas
  • estensione e caratteristiche dell’aderenza

L’endometriosi non è una malattia a sé stante, bensì almeno 4 patologie diverse:

  1. Endometriosi sottile
  2. Endometriosi tipica
  3. Endometriosi cistica
  4. Endometriosi profonda

L’endometriosi sottile è caratterizzata da piccole lesioni superficiali di 2-3 mm a forma vescicolare o di piccola fiamma.

L’endometriosi tipica si contraddistingue per delle lesioni superficiale nere, definite solitamente “powder burn” o “gun shot”, con dimensioni variabili da 1 a 3 cm.

L’endometriosi cistica è formata da “cisti cioccolato”, situate nelle ovaie, grandi fino a 10 cm.

L’endometriosi profonda presenta dei noduli, grandi da 1 cm fino a 5-6 cm. (immagine). La probabilità che vi sia la presenza di endometriosi sottile, tipica, cistica o profonda nelle donne che soffrono di infertilità o dolore pelvico è rispettivamente di circa l’80%, 50%, 25% e 3-4% [1].

D’altro canto, non ci sono prove certe che l’endometriosi sottile sia causa di dolore o infertilità, mentre l’endometriosi tipica è una causa probabile di infertilità e di dolore nel 50% dei casi. L’endometriosi cistica, associata ad aderenze e causa importante di infertilità e dolore acuto, ha una probabilità di causare i suddetti sintomi nel 75% dei casi. L’endometriosi profonda, infine, dà dolore molto acuto nel 95% delle donne colpite.

La classificazione più utilizzata per l’endometriosi è la classificazione AFS. Si tratta di una classificazione chirurgica: le classi I e II riguardano lesioni superficiali; le classi III e IV sono considerate gravi, includendo endometriosi cistica e con aderenze. Questa classificazione, però, non contempla l’endometriosi sottile e l’endometriosi profonda, ad oggi considerate le due forme di endometriosi più difficili da operare, perciò oggigiorno necessitiamo di una nuova classificazione.

Un punto importante da sottolineare è che l’endometriosi non è più degenerativa né recidiva se l’operazione chirurgica viene effettuata correttamente.

Terapie definitive per la cura dell’endometriosi a tutt’oggi non sono ancora state trovate.

A seconda dei casi, dell’età della donna, del grado di dolore, del desiderio di maternità e della gravità delle lesioni si procede in diversi modi:

  • terapia del dolore (FANS)
  • riduzione della presenza degli estrogeni in modo da frenare lo sviluppo dell’endometriosi provocando, quindi, una menopausa artificiale tramite gli antagonisti del GnRH i quali simulano una menopausa artificiale e temporanea. Gli eventuali effetti collaterali sono i classici effetti della menopausa: vampate di calore, aumento di peso, sudorazione notturna, irritabilità, perdita di calcio. Non vanno somministrati più a lungo di 3-6 mesi.
  • estroprogestinici combinati (pillola anticoncezionale, anello vaginale, spirale al progesterone, progesterone I.M. depot) i quali possono dare come effetti indesiderati: nausea, cefalea, secchezza vaginale, calo del desiderio.
  • terapia con androgeni, per la capacità di antagonizzare l’azione degli estrogeni e del progesterone. Gli androgeni usati sono: il gestrinone e il più datato danazolo, questi farmaci sono gravati da effetti collaterali simili, meno intensi per il gestinone, tipici dell’effetto androgenico:irsutismo, virilizzazione, acne, seborrea, capelli e pelle untuosa e aumento di peso.
  • Trattamento con Dienogest

È riportato nelle linee guida del NHS (National Library for Health), che la terapia con i farmaci ormonali e gli antagonisti del GnRH sembrano essere ugualmente efficaci nell’alleviare il dolore associato all’endometriosi quando questi sono prescritti per 6 mesi, pur differendo tra loro per gli effetti clinici e il costo.

  • terapia chirurgica che può essere di tipo esplorativo e/o diagnostico (laparoscopia esplorativa)[9] e di tipo interventistico (laparoscopia o laparotomia).
    • Con la laparoscopia, si praticano 3 – 4 fori di piccole dimensioni sull’addome in cui vengono introdotti gli strumenti chirurgici, si esplora la cavità addominale ricercando eventuali isole endometriosiche, cisti o noduli. Nel caso in cui fossero presenti lesioni ben visibili, si procede all’eliminazione delle stesse e al prelievo di materiale per la biopsia. La degenza in ospedale si riduce ad un massimo di 3 giorni, la ripresa è rapida e le cicatrici sono poco visibili.
    • La laparotomia è un intervento chirurgico che si pratica (nella maggior parte dei casi), con un’incisione orizzontale all’altezza del pube ed è più invasiva della laparoscopia, i tempi di degenza si allungano e la cicatrice è sicuramente più visibile rispetto alla laparoscopia. Viene effettuata se le lesioni e le aderenze sono particolarmente estese anche se, come tecnica chirurgica applicata all’endometriosi, viene usata sporadicamente per lasciare posto alla laparoscopia.

Si stima che circa il 10% delle donne in Europa sia affetto da endometriosi e che dal 30% al 40% dei casi di infertilità femminile sia dovuto a endometriosi; in Italia le donne con diagnosi conclamata di endometriosi sono almeno 3 milioni.

I tempi medi di diagnosi dalla prima comparsa dei sintomi, che avviene tipicamente in età giovanile, è mediamente superiore ai 10 anni.

Sindrome dell’ovaio policistico

Sindrome dell’ovaio policistico
PCOS.jpg

 

La sindrome dell’ovaio policistico (sigla PCOS, derivante dall’inglese PolyCystic Ovary Syndrome) o anche denominata Policistosi ovarica, Sindrome di Stein-Leventhal emicropolicistosi ovarica è una patologia endocrino-metabolica che colpisce in tutto il mondo il 5-10 per cento della popolazione femminile in età fertile ed è pertanto il disordine ginecologico più comune delle donne in età riproduttiva. È la causa più frequente di infertilità femminile. L’espressione sintomatologica di questa sindrome è molto variabile. Le ovaie policistiche sono visibili con una semplice ecografia, ma non è una caratteristica assoluta in tutte le declinazioni del disturbo.

Le cause non sono state completamente individuate, anche se attualmente è largamente accettata la causa genetica.

I sintomi più comuni sono: anovulazione (infatti la PCOS è anche detta anovulazione iperandrogenica[6]), eccesso di ormoni androgeni e resistenza all’insulina. L’anovulazione si manifesta come mestruazioni irregolari, amenorrea e infertilità dovuta ai processi relativi all’ovulazione. Lo squilibrio ormonale causa acne e irsutismo. La resistenza all’insulina provocaobesità, diabete di tipo 2, ipercolesterolemia[ I sintomi e la gravità della patologia variano da soggetto a soggetto.

La PCOS è un disturbo eterogeneo con eziologia incerta. Molti studi sottolineano l’importanza della genetica nel determinare la patologia. Tali dati, risultanti dall’analisi di un certo numero di casi familiari, portano ad indicare una maggiore predisposizione nell’ereditare caratteristiche endocrine e metaboliche collegate alla PCOS nei gemelli monozigoti rispetto ai dizigotici. La componente genetica sembra essere ereditata in modo autosomico dominante con elevata penetranza genetica ma espressività variabile nelle femmine: questo significa che ogni bambino ha una probabilità del 50% di ereditare la variante genetica predisponente da un genitore, e, se una figlia riceve l’allele (o gli alleli patologici), a sua volta quest’ultima svilupperà il fenotipo patologico in una certa misura. La variante allelica patologica può essere ereditata sia dal padre che dalla madre, e può essere trasmessa a uno o più figli (che possono essere portatori asintomatici o avere sintomi come la calvizie precoce e / o peli in eccesso) e figlie( con segni di PCOS). L’allele sembra manifestarsi almeno parzialmente attraverso l’aumento dei livelli di androgeni secreti dalle cellule della teca presenti nel follicolo delle donne con l’allele patologico. Il gene/i colpito esatto non è ancora stato identificato.

La gravità dei sintomi PCOS sembra essere in gran parte determinato da fattori come l’obesità. La sindrome ha alcuni aspetti di una malattia metabolica, dal momento che i suoi sintomi sono in parte reversibili. Anche se considerato come un problema di natura ginecologica, la PCOS si manifesta attraverso sintomi clinici di varia natura. Le cisti ovariche, ad esempio, sono uno dei sintomi più tipici della PCOS, ma non il motivo scatenante la patologia, che infatti può essere presente anche in assenza delle cisti ovariche. Alcuni sintomi della PCOS persistono anche in caso di rimozione di entrambe le ovaie.

Fin dalla sua prima descrizione, realizzata dai ginecologi americani Irving F. Stein e Michael L. Leventhal nel 1935, i criteri di diagnosi, sintomi e fattori causali sono oggetto di dibattito. I ginecologi spesso analizzano la PCOS come un problema strettamente ginecologico, dove le ovaie sono il principale organo colpito. Tuttavia, recenti studi mostrano la PCOS come una malattia complessa multi-sistemica, dove il problema principale è una disregolazione ormonale nell’ipotalamo, con il conseguente coinvolgimento di molti organi.

Il termine PCOS è usato in quanto vi è un ampio spettro di sintomi e non solo il riscontro ecografico delle cisti ovariche in quanto sono osservabili soltanto nel 15% delle persone affette dalla sindrome dell’ovaio policistico.

La PCOS può essere collegata o aggravata dall’esposizione a fattori con impatto epigenetico durante il periodo prenatale: sostanze ad uso industriale che interferiscono con il sistema endocrino come il bisfenolo A e alcuni farmaci.

Per definire la sindrome si utilizzano generalmente due criteri diagnostici:

  • Il primo è stato elaborato nel 1990 dal NIH/NICHD; per fare diagnosi di PCOS devono essere presenti: iperandrogenismo (clinico o biochimico),oligomenorrea o amenorrea e esclusione di altri disordini che causano ovaio policistico.
  • Il secondo, attualmente il più utilizzato, è stato proposto nel 2003 da un gruppo di ricerca dell’ESHRE/ASRM, il gruppo di Rotterdam. Per porre diagnosi la paziente deve presentare almeno due dei tre sintomi seguenti: oligomenorrea o amenorrea con anovulazione, iperandrogenismo, cisti ovariche osservate mediante l’ecografia (con esclusione di altri disordini che possano causare cisti ovariche).

La definizione di Rotterdam permette di porre diagnosi anche nelle pazienti che non soffrono di iperandrogenismo. Alcuni gruppi di studiosi sostengono che non è possibile utilizzare i risultati delle ricerche condotte su pazienti iperandrogeniche su coloro che non presentano segni di iperandrogenismo.

Alcuni sintomi e segni comuni della sindrome sono:

  • Alterazioni del ciclo mestruale, per esempio oligomenorrea (ciclo di durata superiore a 35 giorni) e l’amenorrea (assenza di mestruazioni);
  • Infertilità femminile, che si verifica nella maggior parte dei casi a causa dell’anovulazione cronica;
  • Alopecia androgenica, ossia perdita dei capelli tipica del sesso maschile;
  • Acne, pelle unta e dermatite seborroica;
  • Acanthosis nigricans, ovvero la presenza di macchie scure sulla pelle;
  • Molluschi penduli (fibromi molli);
  • Prolungati periodi di sindrome premestruale, con sintomi come gonfiore addominale, sbalzi di umore, cefalea, dolore alla zona pelvica, ritenzione idrica e mal di schiena;
  • Apnea nel sonno;
  • Elevati livelli nel sangue di ormoni maschili (androgeni), nello specifico testosterone, androstenedione e DHEAS, che causano irsutismo e talvolta mascolinizzazione;
  • Obesità centrale, ossia obesità che si concentra nella metà inferiore del torace, dando al tronco la caratteristica forma a mela;
  • Cisti multiple nella zona sottocorticale delle ovaie, che ad un esame ecografico possono rassomigliare ad una collana di perle;
  • Ingrossamento delle ovaie a causa delle cisti (le ovaie possono raggiungere dimensioni da 1.5 a 3 volte maggiori della norma);
  • Superficie ovarica spessa, liscia, color perlaceo;
  • Rapporto tra livelli di LH (ormone luteinizzante) e FSH (ormone stimolatore del follicolo) maggiore di 2.5, quando vengono misurati al terzo giorno del ciclo mestruale;
  • Bassi livelli di SHBG (globulina che trasporta gli ormoni sessuali);
  • Iperinsulinemia per aumentata resistenza all’insulina dei tessuti periferici e conseguente ridotta tolleranza glucidica.

Non tutte le donne affette da PCOS hanno ovaie policistiche (PCO), ed è altrettanto vero che non tutte le donne con cisti ovariche sono affette da PCOS. Sebbene l’ecografia pelvica sia uno strumento diagnostico fondamentale, non è il solo. La diagnosi può essere difficoltosa, soprattutto per la notevole variabilità di sintomi (e questo conferma il perché si parla di sindrome e non di malattia).

Studi clinici hanno mostrato che i seguenti quattro quesiti (http://www.cfp.ca/cgi/content/full/53/6/1041/T50531041) possono consentire di diagnosticare la PCOS con una sensibilità del 77,1% (95% CI 62,7%–88,0%) ed una specificità del 93,8% (95% CI 82,8%–98,7%)

  • Procedure diagnostiche standard:
    • Riscontro anamnestico di obesità, irsutismo, ed assenza di sviluppo mammario.
    • Ecografia pelvica alla ricerca di cisti ovariche. Queste sono il risultato della mancata ovulazione, e riflettono i disordini mestruali tipici di tale condizione. Nella mestruazione fisiologica un follicolo dominante viene selezionato ad ogni ciclo mestruale e dopo l’ovulazione, esso collassa e scompare. Nella PCOS, la mancata ovulazione porta il follicolo a rimanere nelle ovaie per molti mesi. Si possono trovare 10 o più follicoli per ovaio che possono assumere l’aspetto ecografico di una “collana di perle”. Anche le dimensioni dei follicoli sono da 1,5 a 3 volte più grandi rispetto a quelli normali.
    • Elevati livelli sierici di androgeni incluso il DHEAS ed il testosterone: il dosaggio del testosterone libero è una metodica più specifica (cioè riduce il numero dei falsi positivi) rispetto a quello del testosterone totale; il free androgen index è spesso utilizzato come sostituto.
    • Altre analisi ematiche sono molto utili nella PCOS. Il rapporto LH/FSH è maggiore di 1, al 3º giorno del ciclo mestruale. Tale pattern non è però molto specifico ed è presente in meno del 50% in uno studio Spesso vi sono bassi livelli di globulina che lega gli ormoni sessuali (SHBG).
  • Procedure diagnostiche aggiuntive (da applicare in casi selezionati):
    • Chirurgia laparoscopica: rivela un ovaio translucido, liscio, di volume aumentato (questa procedura serve ad eseguire dei prelievi biopticidel tessuto ovarico, cosa che non si effettua di routine nella PCOS).
  • Procedure diagnostiche per le condizioni associate di rischio:
    • Profilo lipidico ed analisi ematiche a digiuno
    • test di tolleranza del glucosio a 2 ore dalla somministrazione orale di glucosio (OGTT) nelle pazienti con fattori di rischio (obesità, storia familiare, storia di diabete gestazionale): questi possono mostrare un’alterata tolleranza glucidica (insulinoresistenza) nel 15-30% delle donne con PCOS. Un diabete franco può essere riscontrato nel 65–68% delle donne affette da questa sindrome.
  • Esclusione di altre endocrinopatie mediante dosaggi ormonali:

È importante condurre una diagnostica differenziale per la CAH (iperplasia cortico surrenalica congenita), iperprolattinemia ed altri disfunzioni pituitarie/ipotalamiche e surrenali.

La terapia deve tendere a rompere il circolo vizioso dell’anovulazione cronica. Si basa pertanto su:

  • correzione dello stile di vita mediante dieta e attività fisica. La conseguente perdita di peso e la riduzione della massa adiposa comporta un miglioramento dell’insulinoresistenza, una minor produzione periferica di androgeni e una minore trasformazione di questi ultimi in estrogeni. Spesso la sola attività fisica, associata ad adeguate misure dietetiche, stimola la crescita dei follicoli e il ripristino spontaneo dell’ovulazione.
  • diminuzione della secrezione androgenica ovarica (resezione ovarica cuneiforme o contraccezione orale)
  • aumento della produzione di FSH (p.e. terapia con clomifene)
  • miglioramento del microambiente periovarico (miglioramento della condizione di resistenza insulinica tramite metformina)
  • supplementazione vitaminica con acido folico come adiuvante in associazione a metformina e non.

 

Offerte sempre nuove e convenienti su AMAZON. Clicca qui